Ville Sbertoli a Pistoia. Il manicomio villaggio

Ville Sbertoli_1La scelta del Professor Agostino Sbertoli di collocare la sua “Casa di Salute” sulle colline di Collegigliato fu dettata, oltre che dalla disponibilità nella zona di notevoli emergenze di rilievo architettonico, anche da fattori legati alla cura della malattia mentale, strettamente influenzata dalle condizioni meteorologiche ed ambientali. Così il Professor Sbertoli descrive l’area da lui scelta per il suo istituto:

“[…] Collegigliato è assolutamente un luogo privilegiato per la salubrità dell’aria, la cui secchezza deriva da alcune leggere correnti d’aria provenienti dagli Appennini, dalla perfetta esposizione a Mezzogiorno, dal riparo che gli fanno i monti a Settentrione e dal libero passaggio per la foce di Serravalle, ai venti di mare tanto desiderati nell’estate  cose tutte queste che, oltre render l’aria secca e buona, fan si che il clima venga ad esser temperato o che poco vi si sentono il caldo ed il freddo. A mitigar il caldo contribuiscono anche i molti ed alti alberi che circondano le Ville e che d’altronde gl’inverni non vi sono rigidi stanno a dimostrarlo le molte piante esotiche […] che vi si coltivano all’aria aperta. […] E a proposito delle qualità dell’aria, del clima e dell’acqua ci si permetta di osservar che queste certamente influiscono sul miglior corso o esito delle malattie
(Biblioteca Forteguerriana di Pistoia, Ville Sbertoli in Collegigliato presso Pistoia, Pistoia, Litografia Casanuova e C., post 1884)

La Montagnola del riposoLa realizzazione del suo progetto per la salute mentale a Pistoia, prende il via con l’affitto della Villa Franchini – Taviani (oggi Villa Cerletti e Perusini), una delle due dimore patrizie esistenti all’epoca sulla collina di Collegigliato; qui il 16 marzo 1868, un giovane fiorentino di 29 anni affetto da male epilettico, viene accolto come primo ospite della struttura. Da questa data in poi, il numero dei pazienti crescerà così tanto da indurre presto Agostino Sbertoli ad ampliare il suo istituto acquistando definitivamente la Villa Franchini – Taviani, e poco tempo prendendo possesso anche della contigua Villa Giovacchini – Rosati (oggi Villa Tanzi – Lugaro). Fin dai primi anni di funzionamento della Casa di Cura, Agostino Sbertoli appare come una personalità di grande spicco, non soltanto per le indubbie conoscenze dal punto di vista scientifico relative alle patologie della mente, ma anche per la sua notevole capacità organizzativa e la non comune intelligenza:

Fu l’Architetto, l’Economo, il sagace Contabile della sua Casa di Cura
(Il primo Centenario delle Ville Sbertoli, Bollettino della Accademia Medica Pistoiese “Filippo Pacini”, ANNO XXXIX, dicembre 1968, pp. 425 – 426).

I caratteri innovativi della sua struttura portarono nell’arco di pochi anni ad un cospicuo aumento degli ospiti tanto da rendere necessario un tempestivo ampliamento della capacità ricettiva. Il modello che fu ritenuto più idoneo per le caratteristiche dell’ambiente in cui era collocato l’istituto e per questioni legate alla cura stessa della malattia, fu quello del “sistema disseminato a forma di Villaggio”, tipologia architettonica questa già notevolmente diffusa all’epoca, non solo in Italia ma anche nel resto d’Europa. Questa concezione architettonica porterà quindi, con il passare degli anni, Arancieraattraverso edificazioni successive, alla creazione di una serie di padiglioni collocati in ampi spazi verdi e organizzati come un vero e proprio villaggio costituente una micro comunità autosufficiente. A dimostrazione di ciò è significativa una pubblicazione apparsa sul Bollettino dell’Accademia Medica Pistoiese, in cui si parla così delle ville:

Esse senza quella integrale simmetrica disposizione dei padiglioni «allineati come rassegnati prigionieri» e che fanno ricordare il «vecchio e triste tipo classico del manicomio-caserma»; in virtù dei bei parchi, delle macchie erbose, dei giardini, dei dislivelli ecc. di cui sono dotate vengono a costituire quel «tipo a piccolo villaggio» di Ospedale che i tecnici dell’edilizia psichiatrica affermano rappresentare «uno splendido ideale» in quanto sia nel visitatore che nel ricoverato non suscita quel senso massiccio, opprimente della clausura che non riarmonizza ma sconvolge ancor più la psiche già turbata
(I primi dieci anni di vita dell’Ospedale Neuropsichiatrico Provinciale di Pistoia, in Bollettino dell’Accademia Medica Pistoiese “Filippo Pacini”, ANNO XXXI, Pistoia, 1960, pp.199-200)

Il processo di ampliamento dell’intera struttura inizia intorno al 1880 e prosegue in modo continuativo per circa venti anni, anche se l’edificazione si protrasse, nonostante l’alternarsi dei diversi proprietari del complesso, fino agli anni Sessanta del XX secolo, con nuove edificazioni e rimaneggiamenti di fabbricati preesistenti. Già nel 1880 risultano edificati i primi due fabbricati annessi alle ville originarie; si tratta di un “gabinetto di ricevimento”, e della “Villa di Levante”. Il primo, composto da tre salette e da una piccola biblioteca a disposizione anche dei degenti, era destinato all’accoglienza dei malati e a tutti i rapporti che la Direzione poteva avere con l’esterno. La “Villa di Levante o dei Signori”, invece, destinata alla permanenza degli ospiti di sesso maschile, era un edificio a due piani composto da 24 stanze comprendenti una saletta da gioco e due grandi gallerie d’intrattenimento, mentre nel giardino erano collocati un piccolo padiglione che ospitava la sala biliardo, una piccionaia, un’uccelliera in muratura ed altre casette per gli animali. Grazie all’ausilio dei due nuovi fabbricati, i pazienti potevano essere suddivisi e organizzati molto più facilmente in base al sesso e alle disponibilità economiche. La Villa più imponente, ex Villa Rosati, conosciuta anche con la denominazione “Villa di Villa di MezzogiornoMezzogiorno” per la sua collocazione sulle pendici di Collegigliato, fu suddivisa in piccoli appartamenti di lusso da destinare alla residenza ed allo svago dei clienti più abbienti. Questo padiglione si distingueva dagli altri anche per essere l’unico dotato di una cappella a servizio della casa di cura dove nei giorni festivi veniva celebrata la messa cui potevano partecipare anche i degenti. L’ex Villa Franchini – Taviani fu destinata alla cura delle signore, tanto da essere denominata d’ora in avanti “Villa Centrale o Padiglione delle Signore”; vi abitavano poi, allo stesso tempo, il Direttore dell’Istituto e la Signora Ispettrice. La scelta tutt’altro che casuale di dotare l’istituto di un acquedotto autonomo a servizio di tutti i padiglioni, fu dettata in gran parte dall’esigenza di eseguire alcune tipologie di terapie sui pazienti, come per esempio l’idroterapia, che prevedeva l’uso di una notevole quantità d’acqua. Tali tecniche, anche se oggi possono sembrarci superate, pare che all’epoca fossero un’innovazione di non poco conto, di cui spesso si parlava in riviste mediche specialistiche e convegni di psichiatria di cui lo stesso Sbertoli era assiduo frequentatore.

Intorno al 1884 vengono realizzati su progetto dello stesso professore due padiglioni denominati Villini, annessi uno alla Villa per Signore e l’altro a quella per Signori; qui furono trasferiti, distinti per sesso, i pazienti più “agitati”. La costruzione dei due nuovi edifici, identici nella loro organizzazione, iniziò il 4 novembre 1883; entrambi i villini si componevano di una galleria, sei camere, un bagno, la latrina, ed una soffitta cui si accedeva tramite una scala a chiocciola. Alla galleria centrale si giungeva mediante l’ingresso principale posto al centro della facciata di levante, mentre sul lato posteriore si aprivano tre grandi finestre a forma di mezzaluna. Il corpo vero e proprio dell’edificio era rappresentato dalle sei camere di degenza, identiche fra loro sia nelle dimensioni sia nelle finiture (pavimenti, porte, finestre, pareti). La particolarità delle pareti era rappresentata dal fatto di essere composte di due pannelli murari, disposti ad una distanza di circa 5 cm l’uno dall’altro, in modo da assumere la funzione d’isolamento acustico. Al piano superiore, trovavano collocazione le soffitte, ben aerate, destinate in parte ad uso degli infermieri ed in parte a locali accessori.

Ville Sbertoli_2Contemporaneamente alla costruzione dei villini, si procedette anche alla creazione di una nuova Villa, l’attuale Villa Rossi. All’inizio degli anni Novanta, il processo di ampliamento dell’istituto è ancora in pieno atto; in questi anni furono ingranditi il gabinetto di ricevimento e la ex Villa Franchini – Taviani e vennero costruite le scuderie, la nuova cucina, la sala da pranzo e la casa del giardiniere. Sarà proprio in questi anni che il Professor Agostino Sbertoli, inizia ad avvertire la necessità di creare un nuovo tracciato stradale che consenta di accedere direttamente al piazzale centrale delle ville. Al momento dell’istituzione della Casa di Cura Sbertoli, infatti, e per numerosi anni a seguire, l’unica via d’accesso al complesso era rappresentata da un viale alberato con tracciato pressoché parallelo a via di Collegelato, che si staccava dalla principale via di Bigiano. Attraverso tale viabilità, denominata via Solitaria, si poteva giungere sulla sommità della collinetta di Collegigliato, proprio di fronte al cancello che immetteva nel giardino di Villa Franchini – Taviani. Nell’agosto del 1893 iniziarono i lavori relativi alla rettifica stradale per l’accesso alle ville, per i quali furono impiegati un elevato numero di zappatori e badilanti, impegnati nei lavori di scavo e riporto del terreno, in modo tale che la terra fosse trasportata immediatamente dove occorreva senza depositarla in stazioni intermedie. Per la durata di circa cinque mesi i lavori procedettero speditamente; poi, le piogge ed il freddo dei mesi invernali portarono alla sospensione di tutte le attività, che riprenderanno a pieno regime nella primavera dell’anno successivo. Sulla base delle osservazioni fatte dall’Ingegnere Capo del Comune di Pistoia sul progetto stradale presentato, i lavori si concentreranno principalmente sulla costruzione dei muri di sostegno della strada e del terreno sovrastante, sulla regolarizzazione delle scarpate, dei fossetti di scolo delle acque e del fondo stradale. È proprio in concomitanza con questi lavori, che si realizza la portineria, preceduta da un’imponente cancellata in ferro e ghisa delle Officine Michelucci. Dopo aver varcato il cancello principale, percorrendo la nuova viabilità si poteva giungere direttamente nel piazzale centrale del complesso.

Una nuova Villa destinata alle signore e suddivisa in appartamenti di lusso (denominata poi in epoca successiva Villa Serena), sarà infine edificata intorno al 1896, due anni prima della morte del padre fondatore dell’istituto.

Nel 1898, Agostino Sbertoli appunto scompare. La gestione delle Ville passa così al figlio Nino, anch’egli psichiatra, che prosegue negli intenti del padre di ampliamento del complesso. Sono riconducibili a questi anni il rialzamento dei due villini, la costruzione Palazzina della Direzionedelle serre, della dispensa e dei magazzini. Nel 1901, infine, come si può rilevare dai documenti dell’Archivio Storico del Comune di Pistoia, furono realizzati, su progetto redatto dallo stesso Nino Sbertoli, l’officina elettrica ed un corridoio che consentiva di collegare la direzione con i principali edifici, in modo da permettere gli spostamenti interni di medici e infermieri.

Più avanti però Nino Sbertoli rinuncia alla direzione della struttura, molto prima di quanto avesse fatto il padre, consegnando la gestione delle ville al Dottor Giunio Casanova, già assistente del padre Agostino, che unificò le Ville Sbertoli con quelle di Casanova a Firenze da lui create nel 1895, dando vita al “Grande Sanatorium Toscano” che funzionò fino al 1919. L’anno successivo l’intero complesso viene venduto ad un gruppo di privati pistoiesi, che avvicinano sempre più la gestione dell’Istituto all’Amministrazione Provinciale di Pistoia, con cui collaborano in regime di convenzione. Nel dopoguerra, però, la conduzione privata del complesso si rivela sempre più onerosa, e anche per la stessa Provincia diventa difficile sostenere i continui aumenti delle rette richieste dall’amministrazione delle ville.

Inizia così a prendere corpo l’idea dell’acquisto dell’intero istituto da parte della Provincia di Pistoia, fatto questo che si concretizzerà nel 1950, anno in cui viene sancito il definitivo passaggio dalla gestione privata a quella pubblica.

Una delle prime novità introdotte dall’amministrazione provinciale fu quella di dedicare le singole ville facenti parte del complesso ad illustri personaggi della psichiatria italiana. Nascono così i nomi con cui sono comunemente conosciuti oggi giorno i vari padiglioni: Villa Cerletti e Perusini (ex Padiglione delle Signore), Villa Tanzi e Lugaro (ex Villa di Mezzogiorno), Villa Chiarugi, Villa Rossi, Villa Zalla e Villa Mattani. Tra le nuove edificazioni databili durante il periodo della gestione provinciale, sono da menzionare Villa Zalla (1951), Villa Grocco (1973) e Villa Bertolani (derivante dall’adattamento di una casa colonica adiacente all’ospedale).

Denominazioni

Evoluzione edificatoria

Le vicende relative alla proprietà dell’ex complesso delle Ville Sbertoli non terminarono tuttavia così. Dopo circa trenta anni di gestione da parte dell’Amministrazione Provinciale, il 16 gennaio 1984, la Regione Toscana con successive deliberazioni di Giunta, stabilì il «trasferimento al Comune di Pistoia, con vincolo di destinazione alla U.S.L. N°3, del patrimonio della Provincia di Pistoia per quanto riguarda l’Ospedale Neuropsichiatrico, comprendente terreni e beni strumentali (edifici)».

Ad oggi (anno 2013), il complesso manicomiale pistoiese versa in stato di completo abbandono.

Pistoia, 26 Marzo 2013

Testo e planimetrie di Sara Gioffredi,
Immagini tratte dall’archivio dell’Associazione ‘9cento
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Fonti bibliografiche

  1. Ville Sbertoli in Collegigliato presso Pistoia, Pistoia, Litografia Casanuova e C., post 1884.
  2. Nori Andreini Galli, Ville Pistoiesi, Lucca, Maria Pacini editore, 1989.
  3. Andrea Ottanelli, Le Ville Sbertoli. Da residenze signorili a casa di salute e Ospedale Neuropsichiatrico Provinciale in Le dimore di Pistoia e della Valdinievole, Firenze, Alinea Editrice, 2004.

Fonti inedite

  1. Catasto del 1789 (Archivio di Stato di Pistoia, Comunità di Porta S.Marco, Sezione I, Bigiano, c.167).
  2. Catasto Generale Toscano (Archivio di Stato di Pistoia, Comunità di Porta S.Marco, Sezione H, Bigiano e S. Alessio, tavola indicativa dei proprietari e delle rispettive proprietà).
  3. Studio di Fattibilità redatto dagli Arch. Giovanni Battista Bassi e Piero Marello, 1996.
  4. ASCPt, Ufficio Tecnico del Municipio di Pistoia, N°2652/327.
  5. Tesi di Laurea “Villa Cerletti e Perusini – Una nuova destinazione per un padiglione del dismesso complesso Ville Sbertoli a Pistoia” – Università degli Studi di Firenze – Facoltà di Architettura – DIRES – Dipartimento di Restauro e Conservazione dei Beni Architettonici – A.A. 2007/2008. Redatta da Arch. Sara Gioffredi, relatore Prof. Arch. Luca Giorgi, correlatore Ing. Luca Lardani.

Periodici

  1. I primi dieci anni di vita dell’Ospedale Neuropsichiatrico Provinciale di Pistoia, in «Bollettino dell’Accademia Medica Pistoiese “Filippo Pacini”, a. XXXI, Pistoia, 1960.
  2. L’attività dell’Ospedale Neuropsichiatrico Prov.le di Pistoia nel settennio 1961-1967, in «Bollettino dell’Accademia Medica Pistoiese “F.Pacini”, a. XXXVIII, dicembre 1967.
  3. Il primo Centenario delle Ville Sbertoli, «Bollettino della Accademia Medica Pistoiese “Filippo Pacini”, a. XXXIX, dicembre 1968.
  4. Cerimonia per l’inaugurazione della “Villa Tanzi e Lugaro”, in «Bollettino dell’Accademia Medica Pistoiese “F.Pacini”».
  5. Relazione sull’Ospedale Psichiatrico Provinciale di Trieste, presentata al XVII Congresso della Società Freniatrica Italiana dalla Commissione composta dai professori Ruggero Tambroni, Ferrara; Luigi Cappelletti, Venezia; e Ugo Cerletti, Bari, in «Rivista sperimentale di Freniatria», 1926.

2 risposte a “Ville Sbertoli a Pistoia. Il manicomio villaggio”

  1. Orazio Tognozzi ha detto:

    Uno sguardo sagace sul passato per orientare i lfuturo? Di orietnamento su come non disperdere l’esperienza architettonica (e non solo) delle “Ville” come vilalggio, ce ne sarebbe urgente bisogno.

  2. Marco ha detto:

    Bellissimo articolo, storia affascinante quantunque triste!
    Si puo’ visitare la villa?

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