Tabernacoli e croci di culto religioso

L’Associazione ‘9cento ha il piacere di presentare lo scritto della maestra Fidalma Menichini che tratta un tema di particolare interesse generale, prendendo le mosse da esempi riguardanti le zone da lei più conosciute e studiate. Che tipo di relazione aveva l’uomo del Otto-Novecento con la religione? Che cosa significavano per le comunità locali i simboli di fede sparsi per le antiche vie? Al di là degli sfarzosi rituali delle feste sacre, oltre alla magnificenza delle grandi strutture ecclesiastiche cittadine, esisteva anche un rapporto più diretto, più intimo e sentito con la fede, spesso sconfinante in credenze e superstizioni, che impregnava capillarmente il tessuto sociale più umile e che concorreva nel determinare i pensieri e i comportamenti della popolazione. I simboli ancor oggi tangibili di questa cultura contadina ormai quasi scomparsa, sono i numerosi tabernacoli, le madonnine, le marginine, le croci tuttora presenti sul nostro territorio. Un altro frammento del nostro recente passato che sarebbe un peccato mortale smarrire!

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Nei secoli scorsi l’uomo non aveva ancora conquistato tanta tecnologia da sentirsi un La Morte Seccadominatore, la sua sopravvivenza era strettamente legata alla meteorologia, che determina il raccolto dei frutti della terra e se è buono, allontana le carestie. Il proverbio che spiega bene questa realtà recita: “Butta in terra e spera in Dio”, cioè semina e spera nella giusta stagione. La morte poi era sempre presente, in ogni età della vita, senza vaccini, antibiotici, chirurgie, le possibilità di cura erano molto ridotte: un aiuto veniva dalla medicina omeopatica, dalla conoscenza delle virtù terapeutiche e cicatrizzanti delle erbe, ma poi non restava che la preghiera.

Nella località di Bussotto a nord di Candeglia, c’è un tabernacolo con una Madonna detta la Madonnina della tosse, a lei si rivolgevano le mamme quando i loro figli avevano contratto la pertosse e rischiavano di morire.

Tutta l’esistenza veniva interpretata nella prospettiva religiosa, l’uomo si affidava ogni ora a Dio chiedendo aiuto e protezione. Così la presenza divina veniva richiamata alla mente di ognuno da tanti simboli religiosi, che si incontravano strada facendo. I nostri sentieri, le antiche strade carraie, i percorsi all’interno dei paesi ne sono costellati. Croce devozionaleOgni incrocio presenta croci di legno, di ferro, di marmo con i simboli della passione e morte di Gesù Cristo e poi tabernacoli spesso detti Verginine, edicole, marginine con immagini della Madonna: assunta in cielo, addolorata, trafitta dalle spade dei sette dolori, Maria Mater Graetie occupata a ninnare il suo bimbo come qualsiasi mamma. Davanti a questi simboli gli uomini si scoprivano il capo e si facevano un segno di croce, le donne recitavano una preghiera o un semplice saluto: “Vi saluto Maria, salutate Gesù da parte mia”. Queste immagini venivano inserite anche in percorsi di processioni in occasione di speciali festività, processioni di Gesù morto, il venerdì santo, processioni del Corpus Domini con simbologia infiorata nelle strade, processioni in onore del santo protettore.
Nella zona di Valdibure resiste, per tradizione, la processione delle rogazioni, che si fa il giorno della festa dell’Ascensione. Con il termine rogazione si intende la richiesta alla divinità per implorare aiuto e protezione contro tempeste e terremoti, guerre carestie e pestilenze e auspicare buoni raccolti. MadonninaQuesta processione si snoda dalla chiesa di S. Giovanni Evangelista a Valdibure ed è guidata dal parroco e da uno stendardo crociato, croce rossa in campo bianco. Passando per sentieri tra boschi e campi raggiunge la casa detta Lorenzino, la cava del bianchino, la Corte, la Capanna, il Trebbio, la Madonnina del babbo, la croce a Chiappore, la spianata del Pian di Chiappore dove il parroco dice la Messa, davanti a un’altra verginina. Poi, tutti insieme si fa la sosta per il pranzo sul prato.

Nella località di Chiappore esisteva un antico villaggio di probabile fondazione longobarda con chiesa, ora del tutto scomparso. Il quadrivio della croce a Chiappore era anticamente molto importante perché interseca:
a NORD via dell’Acquifreddula per la badia a Taona, tratto di congiunzione con la via Francigena;
a OVEST via di Sturagnolo che arriva a Lupicciano,
a SUD via di Valdibure e Caloria per Candeglia,
a EST via dei Casolari per Santomoro, S. Quirico, il Montale.

Le preghiere recitate a questo incrocio sono particolari e associate dal parroco don Ferrero Battani a ogni punto cardinale come nei riti più antichi.
EST: a fulgore et tempestate, libera nos Domine.
OVEST: a flagello terraemotus, libera nos Domine.
SUD: a peste, fame et bello, libera nos Domine.
NORD: ut fructis terrae dare et conservare digneris, te rogamus audi nos Domine.

Croce delle missioniUn tempo al ritorno si faceva un percorso ad anello e dall’incrocio di Chiappore si scendeva per la via di Sturagnolo fino a Goro, a Lupicciano, poi si tornava a Valdibure. Le popolazioni rurali e montanine si rivolgevano a Dio in ogni frangente, ma anche quelle delle città non erano da meno, infatti spesso vediamo sui muri dei palazzi e in prossimità di incroci immagini di culto con una lampada davanti che certamente veniva tenuta accesa. La vita era più dura e precaria per tutti, neanche i ricchi e i potenti potevano ritenersi al disopra del destino, tanto valeva accettarlo con fiducia e speranza nella divina provvidenza.

Pistoia, 19 Luglio 2013

Testo di Fidalma Menichini,
fotografie di Luca Bertinotti
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Fidalma Menichini, maestra in pensione, oggi impegnata nella valorizzazione del territorio pistoiese e nel mantenimento della sua memoria storica, in particolare ha un ruolo attivo nella comunità del paese di Lupicciano dove ogni anno organizza l’ex tempore per i ragazzi che frequentano le Scuole Medie. Ha pubblicato i seguenti articoli e libri:

  • Lupicciano. Storie e memorie, i nonni raccontano“, Edizioni del Comune di Pistoia, 2002.
  • Un piccolo giardino per un grande ricordo“, Notiziario, Circolo fotografico “Il Tempio” n° 48, anno 2011, pag. 12-13-14.
  • L’ultima fonderia d’arte di Pistoia“, Rivista OMA n° 27, Aprile 2011, pag. 4-5.
  • Un coro di alpini nella città di Pistoia“, La Vita, n° 43, 4 Dicembre 2011, pag. 12.

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